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Archeologia e metanodotti: un binomio virtuoso

Archeologia e metanodotti: un binomio virtuoso

I rilievi archeologici sono un aspetto fondamentale nella realizzazione delle nuove linee di metanodotto o nei revamping di metanodotti superati

Cosa hanno in comune una punta di lancia dell’età del bronzo e un tubo in acciaio da 32”; oppure cosa abbina una fossa di spinta di una TOC con vasellame della tarda età del rame?

Risposta semplicissima: il lavoro degli archeologi, che sono chiamati a rilevare eventuali ritrovamenti da salvaguardare quando si costruisce un nuovo metanodotto.

Uno dei cantieri di monitoraggio archeologico sul tracciato del metanodotto in corso di costruzione da parte di Cazzaro

Per capire meglio quale sia il loro lavoro, abbiamo parlato con [Flavio Feriozzi], uno dei soci della Tecne srl di Riccione, azienda specializzata in scavi archeologici, conservazione e restauro: “Il nostro lavoro inizia fin dalle primissime fasi della costruzione di un metanodotto, precisamente interveniamo già quando l’appaltatore esegue le operazioni di bonifica bellica (la ricerca di eventuali ordigni inesplosi e interrati)”.

Flavio Feriozzi, coordinatore di Tecne per il lavoro di sorveglianza archeologica per i cantieri di costruzione del metanodotto

“L’analisi del materiale estratto dalla griglia di fori, che si eseguono longitudinalmente all’asse mediano dello scavo consente, infatti, di cominciare a verificare se emergono evidenze di insediamenti o di altre attività umane. Dato che i fori, lungo i chilometri del percorso, sono migliaia o anche decine di migliaia è immediatamente evidente di come si possa già fare un’indagine preliminare piuttosto accurata”.

Una delle squadre di Tecne impegnate nei lavori di rilievo delle evidente archeologiche sul cantiere del metanodotto

“Dall’analisi del materiale trivellato un occhio attento può ottenere molte informazioni; non si tratta, infatti, solo di eventuali manufatti, ma anche di terra rossa bruciata (il termine corretto, utilizzato dagli addetti ai lavori, è argilla concottata) che molto spesso è indice della presenza di fornaci o di discariche del materiale di lavorazione delle stesse”.

“La nostra attività continua poi nella seconda macrofase tipica della realizzazione di un metanodotto: lo scotico del terreno di coltivo. Le aziende come [CAZZARO], infatti, accantonano questo strato di terreno particolarmente prezioso per l’agricoltura, per poi riposizionarlo a lavoro finito come strato di finitura. Anche in questa fase l’attività degli archeologi è fondamentale; in questo caso, infatti, la nostra analisi si estende a tutta l’area della pista e non solo a elementi puntuali come nel caso delle perforazioni per la bonifica bellica”.

Fase di scotico del terreno fertile con controlli archeologici delle evidenze

Continua Feriozzi: “c’è poi infine l’ultima fase della nostra attività, quella che segue e controlla eventuali evidenze quando l’azienda esegue lo scavo vero e proprio per la posa delle tubazioni. Si tratta in questo caso di uno scavo di sezione più ristretta dello scotico, ma che va molto più in profondità e che ci consente di verificare la presenza di evidenze con datazioni molto anteriori nel tempo”.

Con il controllo archeologico dello scavo di linea è possibile individuare tracce di insediamenti particolarmente antichi

“Dal punto di vista dei rilievi, quando emergono elementi interessanti da salvaguardare o da documentare, il processo segue parametri di lavoro molto precisi e dettagliati, in modo da tracciare con attenzione l’intero quadro da rilevare”.

“Gli archeologi lavorano a mano, con pala e piccone e, in caso di elementi particolarmente delicati, con cazzuola. La documentazione dello scavo è minuziosa, vengono eseguiti una serie di rilievi (con documentazione fotografica o con disegni) ed effettuati continui fotopiani successivi (georeferenziati), in modo da avere perfetta evidenza del susseguirsi stratigrafico del cantiere archeologico. Utilizziamo anche un drone per documentare meglio, con ortofoto, il layout complessivo del sito”.

Dettaglio dello scavo archeologico con punti di riferiment per la realizzazione delle sequenze dei fotopiani


“In sostanza è come sfogliare le pagine di un libro; man mano che si scende in profondità, si va indietro nel tempo e il nostro compito è quello di tenere traccia il più possibile accurata delle relazioni fra uno strato e l’altro. Quando necessario eseguiamo anche esami di laboratorio per definire il quadro ambientale complessivo di un eventuale insediamento; esami che ci consentono di risalire anche al tipo di essenze vegetali coltivate in loco nei tempi passati”.

Una fase dei lavori lungo il tracciato del metanodotto

Conclude Feriozzi: “Quello dell’archeologo, soprattutto in cantieri estesi sul territorio come quelli tipici di un metanodotto, è un lavoro di estrema pazienza che richiede passione e dedizione e notevoli risorse economiche e umane; sul cantiere gestito da [CAZZARO], per il lotto tra Campodarsego e Castelfranco Veneto, ad esempio stiamo lavorando con 18 persone; niente è lasciato al caso e l’intero rilievo viene minuziosamente annotato per consentire all’appaltatore e all’ente appaltante di avere in ogni momento a disposizione tutti i dati, affinché nulla di importante vada perduto”.

“D’altra parte le testimonianze del passato sono da sempre le basi su cui costantemente costruiamo il futuro e il lavoro dell’archeologo è proprio quello di preservarle”.